Il ritorno impossibile

Il sito dove sorse poi il Partenone era stato già occupato fin dal 566 ac da un tempio in calcare. Dopo la battaglia di Maratona sul lato meridionale dell’Acropoli fu costruito un immenso muro di contenimento che raggiungeva la roccia e che ampliava la superficie della collina. Distrutto quel che c’era dai Persiani nel 480, il cantiere fu abbandonato. Il Partenone, dunque, fu iniziato nel 447 e la costruzione continuò fino al 438 quando fu inaugurata la statua di culto crisoelefantina. Ma i rendiconti finanziari dimostrano che le squadre di scultori operarono per completare il frontone occidentale, quindi fino al 432. Un po’ come accade ai giorni nostri che dopo le inaugurazioni i lavori proseguono lo stesso. In poche parole ci vollero quindici anni per completare il Partenone. L’edificio fu costruito dall’esterno verso l’interno: prima fu completato il colonnato, poi la cella poi l’interno. Decine di artigiani divisi in squadre a seconda delle specializzazioni, lavorarono con una velocità pazzesca (c’è anche da dire che difficilmente avrebbero interrotto i lavori a causa del ritrovo di reperti archeologici).

Le fonti fanno i nomi di Ictino, Callicrate e Carpion ma sono tutti d’accordo nell’affermare che fosse Fidia il direttore generale dei lavori, il sovrintendente di tutta l’Acropoli. Fra questi non c’è dubbio che Ictino fu una notevole personalità al quale si devono le soluzioni volumetriche dell’edificio. Insomma il Partenone fu il risultato di una collaborazione fra le maggiori archistar dell’epoca. È bene ricordare che tutta la costruzione è sottoposta a un computo estremamente preciso. Un rapporto di 9 a 4 caratterizza il basamento, la larghezza e l’altezza del Partenone. Non mancavano i colori seppur sobri: azzurro, rosso, oro segnalavano appena le decorazioni dei cassettoni. L’edificio era decorato da 92 metope (forme di pietra) da un fregio lungo 160 metri che girava intorno alla cella e da due frontoni che contenevano figure colossali. Questo immenso patrimonio fu danneggiato in epoche diverse. Il primo danno si ebbe quando l’edificio fu trasformato in una chiesa dedica alla Vergine. Poi nel 1687 il tempio, in cui era custodita una polveriera, colpito dalle batterie agli ordini del Morosini esplose. La spoliazione culminò quando Lord Elgin dal 1801 asportò quanto era possibile dalle sculture e dai frammenti architettonici e non solo del Partenone ma di tutti gli edifici dell’Acropoli.

Il fregio del Partenone, gran parte del quale conservato oggi a British Museum e oggetto dell’accordo er la restituzione ad Atene, è alto circa un metro e lungo 160 metri: si tratta del maggior complesso di scultura del mondo antico. Il fregio avvolge completamente la cella dell’edificio; stiamo parlando di centinaia di figure.

Si può immaginare che Fidia avesse presentato un progetto di massima e poi un esecutivo per tutte le sculture. Probabilmente realizzo un platico in scala. Una volta approvati i bozzetti e i modelli egli si preoccupò della loro realizzazione. Le officine degli scultori si traferirono sicuramente sull’Acropoli. La personalità di Fidia è la prima di un artista in senso moderno. Egli lasciò la sua impronta su tutto il futuro architettonico di Atene.

Completati i lavori del Partenone nel 437 le maestranze furono impiegate per la costruzione dell’ingresso monumentale dell’Acropoli. Autore del progetto fu Mesikles che con tutta probabilità gonfiò leggermente il costo dell’opera.

Tornado alla notizia del possibile ritorno dei marmi del Partenone ad Atene, ebbene io non ci credo finchè non accadrà. Ma senza dubbio quando e se partiranno da Londra io sarà lì sull’Acropoli ad accoglierli.

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